«Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti».
Cesare Pavese, La Luna e i falò (1950).
Il 13 e il 14 ottobre, abbiamo ospitato la prima edizione della festa Un Paese Ci Vuole – grazie al sostegno di Riccardo Felicetti e Mateja Gravner – riunendo chef, bartender, giornalisti, produttori, ricercatori ed esperti del settore. Abbiamo visitato Gibellina Nuova, conosciuta come “Cattedrale nel deserto”, simbolo della mancata pianificazione del territorio dopo il terremoto del 1968, e il Cretto di Burri. Durante una passeggiata tra gli ulivi Nocellara del Belìce, abbiamo condiviso riflessioni sul tema Il Cibo Ha Fame di Futuro, evidenziando l’importanza della progettazione dei territori periferici e della restanza.
Restanza e Condivisione: Nuovi Modelli per il Futuro Agroalimentare
Il talk è stato incentrato sul concetto di restanza, concetto coniato dall’antropologo Vito Teti, che descrive la tensione tra il desiderio di restare nel proprio territorio e la necessità di trasformarlo. Il giornalista e moderatore Luca Martinelli ha spiegato come la restanza non sia una semplice permanenza, ma spesso un ritorno dopo un periodo di distacco, arricchito dalle esperienze vissute altrove. Questo tema è stato incarnato dalle storie di Riccardo Felicetti -amministratore delegato del Pastificio felicetti – e Mateja Gravner della cantina Josko Gravner, che hanno trovato nelle loro esperienze un modo per innovare rispettando il passato.
Riccardo Felicetti ha parlato dei cambiamenti nel settore agricolo, in particolare nella produzione dei grani. Ha sottolineato come oggi l’agricoltura non possa più essere statica: “siamo chiamati a restare, ma è l’agricoltura che deve diventare nomade”. Da questa filosofia è nato il progetto Monograno, un’iniziativa del pastificio Felicetti volta a valorizzare il lavoro degli agricoltori e a offrire un prodotto che rispecchi la passione di chi lo coltiva.
Mateja Gravner ha raccontato la storia della sua famiglia, che ha lavorato per oltre quarant’anni per recuperare il vitigno Ribolla, un tempo considerato poco redditizio, descrivendo la sfida del restare in un territorio abbandonato.
La Luna e i Falò: il rischio di perdere il legame con la terra
Giampiero Mazzocchi – ricercatore del Crea – ha condiviso con noi la sua esperienza di viaggio attraverso l’Italia in bicicletta, raccontando storie di agricoltori e territori periferici evidenziando la distanza tra le politiche agricole e la realtà dei contadini, spesso costretti a seguire direttive europee che non tengono conto delle esigenze locali.
La stessa incomunicabilità in cui si ritrova Anguilla, il protagonista del libro La Luna e i Falò, che si riflette nella distanza tra chi prende decisioni per l’agricoltura e chi lavora realmente la terra.
Restanza e territori marginali: nuove progettazioni per il futuro
Il talk ha poi approfondito il tema della marginalità e della progettazione nei territori periferici. Juri Chiotti – chef, contadino e pastore – ha raccontato la sua esperienza nel ristorante Reis, nato in una borgata montana in via di spopolamento. Per lui, la marginalità non è un ostacolo, ma una risorsa: ha scelto di tornare e di costruire un modello di ristorazione e agricoltura che rispetti la terra, rifiutando l’omologazione imposta dal mercato. Ha evidenziato come i territori lontani dal turismo di massa possano diventare esempi di sostenibilità e innovazione.
Claudia Fauzia – economista e fondatrice dell’associazione Malafimmina – ha portato una prospettiva legata al Sud Italia, ispirandosi alla teorica afroamericana Bell Hooks. Ha descritto il margine non come uno spazio di esclusione, ma come un luogo di resistenza e possibilità, in cui chi resta può trasformare il territorio. Per lei, la restanza non è solo una scelta nostalgica, ma un atto di costruzione sociale.
Luca Martinelli ha poi evidenziato un altro ostacolo al ritorno nelle periferie: la mancanza di abitazioni accessibili, che rende difficile il ritorno per chi vorrebbe restare e investire. A sostegno di questa visione sono intervenuti due produttori siciliani:
- Roman Cole, che ha lasciato Parigi per trasferirsi sull’Etna e avviare la cantina Giardini ColeRinger. Ha raccontato come la comunità locale lo abbia sostenuto, spingendolo a investire in una vecchia vigna, trasformandola in un “giardino dell’Eden”. Per lui, la Sicilia è diventata un luogo di ispirazione e rinascita.
- Giuseppe Cipolla, produttore della cantina PassoFonduto, ha raccontato il suo ritorno nella Valle del Platani, dove ha recuperato un territorio ricco di storia agricola. Dopo anni nel settore giuridico, ha deciso di dedicarsi alla viticoltura, vedendo nella restanza un’opportunità per creare un’identità forte per il suo vino e per la sua comunità.
Costruire comunità: una nuova visione per il territorio
Marco Ambrosino – chef di Sustanza a Napoli – ha chiuso il talk mettendo in discussione l’idealizzazione della restanza. Ha posto l’attenzione sul ritorno di chi cerca di avviare attività senza un reale impatto sulla comunità, portando l’esempio di Gibellina Nuova, una città ricostruita dopo il terremoto ma priva di un tessuto sociale vivo: per lui il problema non è solo il ritorno, ma la capacità di costruire legami autentici.
Ha paragonato il Mediterraneo a un “ecotono”, un’area di transizione tra ecosistemi diversi, caratterizzata da grande fragilità ma anche da estrema vitalità. Questo, secondo lui, è il ruolo dei territori marginali: non devono essere visti come luoghi di esclusione, ma come spazi in cui è possibile costruire nuove comunità.
Conclusioni
Il talk ha messo in luce come la restanza non sia solo il ritorno a un luogo d’origine, ma una scelta consapevole di trasformazione. Le storie raccontate dimostrano che restare significa trovare nuovi modi per vivere il territorio, valorizzandolo senza tradire la sua essenza. Tuttavia, per rendere questa scelta sostenibile, è necessario ripensare le politiche agricole, superare la visione romantica del ritorno e creare vere opportunità di sviluppo per chi decide di restare.