Maria Elena Roscioli dopo una laurea in Psicologia ha scelto di tornare alle radici e scoprire il mondo in cui è cresciuta. Quello che doveva essere un breve periodo nella Salumeria Roscioli si è trasformato in una carriera che dura da otto anni.
Raccontaci un po’ la storia di questa dinastia particolare.
È iniziata con mio padre, che lasciò la vita da pastore a 12 anni per trasferirsi a Roma con uno zio fornaio. Dopo diversi anni aprì un forno in via dei Chiavari, oggi uno dei forni storici di Roma. I miei fratelli hanno lavorato con lui fin da giovani, e Alessandro lo convinse ad espandersi, aprendo una salumeria accanto. Quello che i miei fratelli hanno fatto è stato portare avanti questa tradizione familiare: è stata una scelta.
Roscioli ormai è un ristorante e una gastronomia con un grande volume di servizio. Come si gestisce una struttura così complessa?
Gestire Roscioli è stimolante: ogni giorno porta qualcosa di nuovo. Nonostante gli spazi stretti e i ritmi serrati, lavorare lì è come una danza. Anche se coordinare 40 persone non è facile è proprio questo che ci definisce: la capacità di unire tante anime diverse.
Come fate a combinare la sostenibilità dell’azienda con il benessere dei dipendenti?
Non è un tema semplice, ma non credo che i giovani manchino di interesse o di spirito di sacrificio; il punto è che non vogliono fare una sola cosa per tutta la vita. Un valore fondamentale che ci definisce è il nostro essere un’impresa familiare, nonostante i tanti dipendenti loro non si sentono soltanto dei “numeri”.
Raccontaci un po’ la relazione che c’è fra Roscioli e i prodotti.
Il banco della Salumeria Roscioli è stato il punto di partenza. La vera innovazione è arrivata con mio fratello, che ha voluto elevare la salumeria tradizionale con prodotti di una qualità diversa da quelli che si trovavano normalmente e selezionando vini d’eccellenza. La materia prima è sempre stata il cuore di tutto: come nostro padre al forno, puntiamo su pochi ingredienti di altissima qualità, lavorandoli il meno possibile.
Il successo di Roscioli quindi è dato anche dall’innovazione. Oggi, nel settore agroalimentare, si parla sempre più di tradizione. Qual è, secondo te, il giusto equilibrio?
Credo che ultimamente si parli troppo di tradizione, quasi abusandone. Innovare non significa stravolgere: mio fratello ha innovato il forno partendo dall’idea di mio padre, guardando al futuro senza perdere di vista il passato. Se innovi rispettando le radici, è difficile sbagliare. Serve più coraggio e fiducia in sé stessi, perché non basta definire un prodotto “tradizionale” per renderlo buono; l’innovazione è sempre necessaria.
Se ti dicessi “il cibo ha fame di futuro” a te cosa viene in mente?
Il cibo ha fame di futuro mi fa pensare ai giovani e alla loro voglia di fare, di innovare. Significa portare nuove idee, ma sempre con l’obiettivo di migliorare e far evolvere ciò che abbiamo costruito storicamente.
Ci spieghi la selezione dei prodotti e il rapporto fra voi e i produttori?
Alessandro è il primo selezionatore e si occupa degli ordini e della ricerca di prodotti, viaggiando e osservando con cura, supportato dal capo reparto del banco. Questa filosofia, basata sulla qualità e l’autenticità, è il filo conduttore di tutto.
Sul tema del valore dei prodotti, secondo te perché è più facile vendere un prosciutto di qualità al piatto piuttosto che al banco?
Secondo me è più semplice perché il momento del consumo avviene in un contesto conviviale, magari mentre si è in vacanza e rilassati. Tuttavia, è fondamentale spiegare sempre il motivo del prezzo, che riconosciamo essere importante: il valore riflette la storia del prodotto, l’impegno del produttore e l’attenzione che lo distingue da prodotti più economici.
Cosa ti ha colpito dei prodotti INCUSO?
Prima di tutto il packaging, perché anche l’occhio vuole la sua parte. Lavorare con artigiani significa spesso confrontarsi con prodotti confezionati in modo troppo semplice, trascurando l’importanza della presentazione. Sono un grande fan dei vostri capperi e credo che la presentazione e la narrazione del prodotto siano cruciali. Un design semplice, con il prodotto a vista, invoglia l’assaggio, come nel caso del pomodoro, dove si vede chiaramente cosa contiene.